giovedì 29 dicembre 2011

Giovanna una piccola, grande donna.

Da troppo tempo non si era persa davanti allo specchio. Non ne aveva avuto il tempo.
I capelli soffici e lucidi avevano ceduto il posto a quelli bianchi.
Lei non si era mai nascosta dietro falsi modelli.
Un incisivo storto, una ruga in mezzo ai sopraccigli la rivelava in modo sincero. Senza artifici. Solo un filo di rossetto concorreva al suo fascino. L'autonomia la rendeva interessante allo sguardo di chi la osservava. Sicura di sé, come a dire, - questa sono io- si vestiva in modo semplice ma non sciatto.
Non usciva mai con i capelli arruffati. Comunque non aveva mai cominciato a fare a meno del parrucchiere. Comunque ...
Da tempo i giorni e le notti erano trascorse accanto al marito ammalato, sdraiata e sveglia gli accarezzava la mano.
Per tanti anni, in quel letto, si era svegliata da sola, poi, quando lui si era fermato con lei, nella loro casa, dopo pochi anni, un tumore lo aveva straziato.
Non tutto dura come vorremmo ma Giovanna l'amore quotidiano lo aveva vissuto poco. Per anni lo aveva aspettato. Dal ritorno dai lunghi viaggi, imbarcato su navi, che lo rendevano assente da lei, per lunghi mesi.
Nei loro incontri, desiderati, attesi, ogni volta la passione esplodeva. Passione non passeggera aveva dato due frutti: Giuseppe e Valentina.
Giovanna non era una donna da "o tutto o niente" viveva di quei momenti. Il suo amore salpava sulle onde, lei viveva in un mare tempestoso, faticando, lottando, crescendo i figli.
Si era accorta presto che l'amore non è un gioco. Diventando una esperta in -lontananza d'amore-.
Ogni giorno si svegliava da sola. Poi, in compagnia dei suoi angioletti che spesso faceva dormire con lei nel lettone. I figli le riempivano la giornata e le lunghi notti. La rendevano orgogliosa.
Le scelte continue sulla loro educazione aggiungevano alla sua persona non solo bellezza ma anche umanità ed etica.
Nei cambiamenti fisiologici del suo viso erano scritti, come capitoli di un libro, i momenti della vita.
La lontananza la rendeva insicura e timorosa. L'attesa risoluta. Ritrovava sicurezza nelle decisioni obbligate, nelle difficoltà perenni.
Dentro di sé conservava, gelosamente, un diario segreto, non scritto. Vi annotava le fragilità, spesso, anche i dubbi.
Se non le fosse importato del suo uomo? Un uomo solido, semplice.
Se non le fosse importato si sarebbe trasformata in un cuore infranto e pieno di rancore.
Gli avrebbe potuto urlare le rinunce di giovane donna, il bisogno di carezze, il desiderio struggente della mancanza del calore del suo corpo.
Se non le fosse importato avrebbe potuto dire tante parole.
Poi lui ritornava. A lei girava tanto la testa, il cuore sembrava fermarsi. 
Ogni minuto diventava prezioso, non andava sprecato. Il sentimento vero la toccava con mano. Il cuore colmo di verità a cui lei dava ascolto. Ora non desiderava sentirlo, lo soffocava con una corazza per proteggersi. I lineamenti trasfigurati, leggermente induriti mettevano a nudo che nascondeva qualcosa. Giovanna si era ristretta fisicamente, appariva minuta, consumata.
Quando sei disperata, la vita può fare di te quello che vuole.
Gli occhi non brillavano più, si erano spenti insieme al sorriso. A lungo aveva dimenticato se stessa anteponendo il marito con quel pesante fardello. L'uomo solido attaccato e sgretolato dal male. Uno stillicidio inesorabile sfociato nel decadimento fisico fino a relegarlo a letto. Saro, a volte, credeva di trovarsi in ospedale. Gli sfuggiva il senso della realtà, catapultato nella dimensione del dolore e con lui l'intera famiglia.
Immobile, dopo una vita in giro per il mondo. In silenzio, dopo una vita ricca di parole. Il tono di voce possente riempiva le stanze di un dibattito su politica e calcio.
Sdraiato sul letto era diventato quasi inerte.
Giovanna, instancabile, iniziava e finiva ogni preghiera con il suo nome: Saro amore mio ... Anche il giorno dell' Immacolata aveva cercato conforto in Dio e poi in Maria che aveva assistito alla sofferenza del Figlio in croce. Giovanna glielo aveva affidato con un estremo atto di amore, privandosene per sempre. Prima della fine del giorno Saro si era allontanato per l'ultimo viaggio. Nella valigia l'amore dei suoi cari manifestato nello sguardo come quando sul molo, spauriti, osservavano la sua nave partire.
Ancora una volta.
Una ultima volta si stringevano per mano. Fra le lacrime il sussurro di un ultimo saluto:
" addio comandante, salpa sulle onde che ora sono placide. La tempesta è finita sei in pace..." 
(Rosalda Schillaci)   

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